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Paola Cavallero: violenza contro le donne, a che punto siamo?

La violenza è sempre da condannare, senza giustificazioni, in quanto lontana da ogni senso di umanità. Le norme a tutela delle donne non mancano: occorre attuarle, renderle effettive e tradurle in azioni politiche e amministrative, rafforzando quelle strutture ed infrastrutture cui sono demandati compiti di affermazione e di garanzia dei diritti.

Il 25 novembre si celebra la giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, istituita nel 1999 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite

Nella Dichiarazione per l'eliminazione della violenza contro le donne, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1993, la violenza è riconosciuta come “una manifestazione delle relazioni di potere storicamente disuguali tra uomini e donne, che ha portato alla dominazione e alla discriminazione contro le donne da parte degli uomini e ha impedito il pieno avanzamento delle donne”, “uno dei meccanismi sociali cruciali per mezzo dei quali le donne sono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini”.

E’ la violazione dei loro diritti e libertà fondamentali che avviene in famiglia, all'interno della comunità nel suo complesso, e che ha una matrice nella disuguaglianza dei rapporti tra uomini e donne, è una manifestazione dei rapporti di forza storicamente inuguali tra gli uomini e le donne (Piattaforma di Pechino 1995).

La nozione di violenza di genere è piuttosto ampia ed i suoi confini non possono individuarsi in forme di violenza fisica, posto che deve necessariamente comprendere fenomeni di violenza psicologica, verbale o di altra natura, sulla scia dell’ampiezza riconosciuta dalla Convenzione di Istanbul ratificata dall’Italia nel 2011 (v. art. 3: a) con l’espressioneviolenza nei confronti delle donne” si intende designare una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata; b) l’espressione “violenza domestica” designa tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all'interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l'autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima; c) con il termine “genere” ci si riferisce a ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini; d) l’espressione “violenza contro le donne basata sul genere” designa qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto tale, o che colpisce le donne in modo sproporzionato (...)).

 A che punto siamo ?

Nel tempo il quadro giuridico si è evoluto ma, a distanza di tanti anni, l’obiettivo di una cultura che promuova l’effettiva parità, prevista dalla nostra Costituzione, non è ancora pienamente conseguito.

Gli interventi a livello legislativo sostanziale e processuale, di carattere sia preventivo che sanzionatorio, repressivo che di sostegno ai percorsi di uscita dalla violenza, di protezione grazie all’esperienza ed al lavoro dell’associazionismo, dei centri e delle case rifugio, sono stati utili e necessari.

L'adozione di misure volte a contrastare la violenza contro le donne è iniziata durante la XVII legislatura con la ratifica della Convenzione di Istanbul, le modifiche al codice penale e di procedura penale volte ad inasprire le pene di alcuni reati più spesso commessi nei confronti di donne, l'emanazione del Piano d'azione straordinario contro la violenza di genere e la previsione di stanziamenti per il supporto delle vittime. Nell’attuale legislatura il Parlamento ha proseguito perseguendo tre obiettivi: prevenzione dei reati, punizione dei colpevoli e protezione delle vittime. In quest'ambito si colloca anche la Legge 69/2019 (cd. Codice rosso) e l’istituzione della Commissione d’inchiesta monocamerale sul femminicidio.

Se è vero, dunque, che molta strada è stata fatta in questi ultimi decenni verso l’eliminazione della violenza contro le donne, è altrettanto vero che tanto si può e deve ancora fare “sul campo” affinchè il rispetto tra i generi sia (o quantomeno diventi) la normalità.

In questo contesto la prevenzione e la tutela delle donne passa attraverso la non accettazione della violenza e la denuncia tempestiva, le azioni di sensibilizzazione e di supporto alle donne affinché siano sempre meno le vittime di violenze e maltrattamenti.

Ma a rendersi protagoniste di un cambiamento culturale radicale devono essere innanzitutto le donne, mettendo un freno alle loro assurde colpevolizzazioni: chi compie il reato è colpevole, chi lo subisce è la vittima.

La violenza è sempre da condannare, senza giustificazioni, in quanto lontana da ogni senso di umanità.

Evoluzione del fenomeno della cd “violenza di genere”

Il cammino fatto finora non è stato facile né tantomeno vano.

Di certo non è sufficiente a eliminare un fenomeno che per la sua ampiezza, diffusione e trasversalità è strutturale e ben radicato nel tessuto sociale.

In occasione dell’inaugurazione dell'anno giudiziario 2021, nella relazione del 29.1.2021 (pag. 39 ss.)

il Primo Presidente della Corte di Cassazione, dott. Pietro Curzio, ha rilevato come gli uffici giudiziari di merito segnalino "l'accresciuta consapevolezza da parte dei cittadini e delle istituzioni del fenomeno della violenza ai danni delle donne in ambito familiare o domestico e nella società. (...) si registra un incremento dei reati spia, quali i maltrattamenti in famiglia, lo stalking e le altre violenze ai danni delle donne. Viene da più parti segnalato l'incremento delle denunce di violenze da parte di donne straniere, ritenuto indice della crescente integrazione sociale cui consegue un'accresciuta consapevolezza da parte delle vittime della possibilità di ottenere tutela e di affrancarsi da pratiche e costumi dei paesi di origine. Del resto, dalle relazioni dei vertici distrettuali, sembra che il sistema giudiziario abbia predisposto adeguati strumenti organizzativi per apprestare una pronta risposta al fenomeno, anche mediante il coinvolgimento delle strutture socioassistenziali pubbliche e private e un qualificato intervento, anche a livello di prevenzione, dell'autorità di pubblica sicurezza, oltre ad assicurare un canale preferenziale nella trattazione dei procedimenti penali".

Nella sua relazione (pag. 120 e ss.) il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione, dott. Giovanni Salvi, ha esaminato i dati pubblicati dal Ministero dell’Interno in “Un anno di Codice Rosso. Reati spia e femminicidi” (25.11.2020) e li ha definiti preoccupanti e significativi, "prima ancora che di un problema normativo e giudiziario, di una asperità culturale che, appalesando atteggiamenti discriminatori diffusi (prevalentemente di genere) e dinamiche relazionali viziate, rende impellente la concretizzazione degli obiettivi di prevenzione, di protezione delle vittime, di punizione dei colpevoli e di promozione della cultura non discriminatoria".

Le norme a tutela delle donne non mancano: occorre attuarle, renderle effettive e tradurle in azioni politiche e amministrative, rafforzando quelle strutture ed infrastrutture cui sono demandati compiti di affermazione e di garanzia dei diritti.

 

Paola Cavallero

Senior Associate Lawyer at Mainini & Associati

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