Gender Pay Gap: trasparenza e giustizia salariale
Una direttiva europea sul Gender pay gap. E’ questa la proposta della Commissione Europea presentata il 4 marzo 2021, pochi giorni prima dalla festa della donna. Gli obiettivi sono trasparenza e giustizia salariale. Prende forma, quindi, in un documento ufficiale una proposta che passerà al vaglio del Parlamento (europeo) e del Consiglio e successivamente, se adottata, gli Stati membri avranno due anni di tempo per recepire la direttiva nel diritto nazionale.
Il quadro tracciato dalle istituzioni europee è nel solco della “parità di genere”; uno dei valori fondanti dell’Unione ma che, ad oggi, non trova completo riconoscimento soprattutto per quel che attiene il divario retributivo di genere.
Una serie di azioni mirate, quindi, per dare piena attuazione alla direttiva 2006/54/CE sul principio di pari opportunità e parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, cd. Gender Pay Gap, e che negli anni ha visto una serie di misure specifiche. Tra queste la Raccomandazione della Commissione del 7 marzo 2014 sul potenziamento della citata parità tramite la trasparenza (2014/124/UE) e avente l’obiettivo di fornire agli Stati membri degli orientamenti per aiutarli a garantire un’applicazione migliore e più efficace del principio della parità retributiva, per contrastare le discriminazioni salariali e contribuire a colmare il persistente divario retributivo tra i sessi. Da ultimo la Commissione Europea ha avviato anche una Consultazione pubblica sulla trasparenza retributiva al fine di proporre misure vincolanti entro la fine dello scorso anno (2020).
Tanto alla luce dei poco incoraggianti dati europei preso atto che nello scenario dell’Unione nessuno Stato, quindi non solo l’Italia, ha raggiunto la parità. Negli ultimi anni vi sono stati dei passi in avanti (per una analisi comparata si legga R. Caragnano, G. Gozzelino, Gender pay gap: analisi del fenomeno in Italia e nel quadro comparato, in Diversità di Genere. La nuova frontiera per le aziende e per l’Italia, Collana “I Quaderni di Approfondimento” n. 8 Centro Studi di Fondazione Ergo) sia per quel che attiene l’integrazione del gender mainstreaming (la dimensione di genere) in tutte le altre politiche e l’adozione di misure specifiche a favore delle donne, tuttavia, persiste tanto il divario retributivo quanto la sottorappresentazione delle donne nelle posizioni apicali.
Temi questi al centro anche della Strategia per la parità di genere 2020-2025 verso una Europa garante della parità di genere e che ponga un argine alla violenza e agli stereotipi e garantisca, al tempo stesso, accesso e permanenza delle donne nel mercato del lavoro e che affronti, risolvendolo, il divario retributivo in una visione che si basa su un approccio combinato tra integrazione della dimensione di genere e azioni mirate, la cui attuazione si realizza alla luce del principio trasversale dell’intersezionalità.
Il divario esiste ancora se si pensa che nel 2020 le donne guadagnano in media il 16 % in meno rispetto agli uomini (dati di usi dalla Commissione Europea il 5 marzo 2020).
Uno scenario che si è aggravato per effetto della pandemia. Nella nota OIL COVID-19 e il mondo del lavoro: 7a edizione si conferma l’impatto massiccio che i mercati del lavoro hanno subito nel 2020 - in quella che è definita come una crisi senza precedenti - che ha portato con sé con solo una diminuzione di ore lavoro ma anche un preoccupante aumento della inattività rispetto alla disoccupazione. Le perdite occupazionali sono state maggiori per le donne (par al 5,0 per cento) rispetto agli uomini.
Su queste basi la proposta di direttiva si prefigge di intervenire su due fronti: trasparenza e giustizia salariale.
Per quel che attiene la trasparenza la proposta prevede l’obbligo per i datori di lavoro di fornire, nell’annuncio di lavoro o prima del colloquio, le informazioni sul livello retributivo senza che sia possibile chiedere, ai potenziali lavoratori, informazioni sulla retribuzione percepita in precedenza così come l’obbligatorietà per le organizzazioni, con più di 250 dipendenti, di rendere pubbliche le informazioni sul divario retributivo tra lavoratori e lavoratrici. A tale proposto, per fini interni, dovrebbero essere fornire informazioni in merito alle retribuzioni tra dipendenti di sesso maschile e femminile per categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore.
Sempre in materia di retribuzione è prevista una valutazione congiunta tra retribuzioni dei lavoratori e delle lavoratrici. Tuttavia nei casi in cui dalla relazione emerga un divario retributivo di almeno il 5 per cento e il datore di lavoro non sia in grado di giustificarlo alla luce di criteri oggettivi e neutri datori (di lavoro) saranno tenuti ad effettuare la valutazione in collaborazione con i rappresentanti dei lavoratori.
Per quel che riguarda il diritto all’informazione, invece, i lavoratori avranno diritto di chiedere informazioni sul loro livello di retribuzione individuale e sui livelli salariali medi, ripartiti per sesso; anche in tal caso è da tenere presente che la comparazione sarà sulla base delle categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore.
Le misure di giustizia salariale prevedono, invece, un indennizzo per i lavoratori che hanno subito discriminazioni retributive di genere con onere della prova (di discriminazione) a carico del datore di lavoro. Nella fattispecie dell’indennizzo rientrano anche il recupero integrale della retribuzione arretrata e dei relativi premi o pagamenti in natura.
Sono previste sanzioni specifiche per le violazioni della norma sulla parità retributiva, con obbligo posto in capo agli Stati membri; tra le sanzioni è ricompreso anche un livello minimo di ammende.
E’ altresì prevista la possibilità per i rappresentanti dei lavoratori di agire in procedimenti giudiziari o amministrativi per conto dei lavoratori e proporre azioni collettive a tutela della parità di genere. Nel testo della proposta la Commissione non trascura lo scenario pandemico attuale e la difficoltà dei datori di lavoro del settore privato così come l’oggettività della presenza di un numero significativo di piccole e medie imprese e la necessità, per queste, di beneficare di una certa flessibilità; a tal fine si incoraggiano gli Stati membri a utilizzare le risorse disponibili per la comunicazione dei dati.
La strada è in salita.
Roberta Caragnano
Avvocata e Ricercatrice di diritto del lavoro e delle relazioni industriali