Professionisti della sanità: il confronto UGL che riporta al centro chi cura l’Italia
C’è un momento, durante il dibattito organizzato il 4 dicembre da UGL Salute a Roma, in cui la sala dell’Hotel Ripa sembra trattenere il respiro. È quando si pronuncia una frase semplice, quasi scontata, eppure capace di cambiare il peso delle cose: “I professionisti della sanità sono le fondamenta del Paese.”
Il titolo dell’incontro diventa improvvisamente realtà. Non uno slogan, non una formula di circostanza, ma una constatazione che tutti — ministri, parlamentari, dirigenti, operatori — sembrano percepire nella sua verità più concreta. Perché quando si parla di sanità, la politica può discutere, i tecnici possono progettare, i dirigenti possono programmare… ma senza le persone che ogni giorno curano, assistono, ascoltano, consolano, nessun piano può davvero reggere.
Il Ministro Schillaci: una presenza che cambia il peso delle parole
La presenza del Ministro della Salute Orazio Schillaci non è stata soltanto un gesto istituzionale, né un atto dovuto all’agenda politica. È apparsa fin dal suo ingresso come una scelta consapevole: quella di esserci, di metterci la faccia, di ascoltare e confrontarsi direttamente con quei professionisti che, più di chiunque altro, conoscono cosa significhi far vivere ogni giorno il Servizio Sanitario Nazionale.
Schillaci ha seguito il dibattito con attenzione autentica, intervenendo con un tono che non voleva imporre una linea, ma piuttosto restituire un senso di vicinanza. In sala si è percepito chiaramente che il suo non era un passaggio formale, ma era un modo per riconoscere pubblicamente ciò che troppo spesso resta sullo sfondo, ovvero che la sanità italiana esiste perché esistono le persone che la rendono possibile.
Il suo intervento ha avuto un effetto preciso, ha cambiato la temperatura emotiva della giornata.
Molti partecipanti lo hanno interpretato come un segnale importante, quasi un “patto implicito” con il mondo della sanità. Il riconoscimento che non si può pretendere efficienza senza investimento umano, né parlare di riforme senza partire dal benessere, dalle condizioni di lavoro e dalla sicurezza di medici, infermieri, operatori socio-sanitari, tecnici, soccorritori.
Schillaci non ha eluso i problemi, anzi, ha riconosciuto apertamente le criticità del sistema, dalla carenza di personale alle liste d’attesa, fino alla necessità di percorsi più solidi di valorizzazione delle professionalità. Il suo intervento, raccolto con attenzione da una platea composita, ha avuto il merito di riportare l’istituzione nel suo ruolo più alto, quello di ascoltare, comprendere, assumersi responsabilità.
Se l’obiettivo del dibattito era riportare al centro la persona, la presenza del Ministro ha contribuito a dare al tema la dignità politica che merita.
Una presenza, insomma, che ha fatto la differenza.
Un parterre istituzionale ampio e trasversale
Accanto a lui il Sottosegretario Marcello Gemmato, il Segretario Generale UGL Paolo Capone, il Segretario Nazionale UGL Salute Gianluca Giuliano. Ma soprattutto c’è una lunga schiera di volti: senatori, deputati, consiglieri regionali, tecnici, esperti, professionisti della sanità. Una comunità trasversale che raramente si ritrova nello stesso spazio e nello stesso momento.
In platea e da remoto, l’elenco sembra non finire mai: Salvatore Sallemi, Daniela Ternullo, Andrea Quartini, Susy Panico, Fabrizio Ghera, Martina Benedetti, e poi Claudio Durigon, Simona Loizzo, Patrizia Baffi, Guido Bertolaso, Marco Alparone, Christian Garavaglia.
È un mosaico complesso, ma oggi pezzi così diversi sembrano combaciare.
Il dibattito parte: uno spazio in cui finalmente si ascolta
A moderare il confronto è Massimo Maria Amorosini, che dà ritmo, porta ordine, chiama all’ascolto.
Ma soprattutto crea uno spazio in cui chi parla non lo fa “al pubblico”, ma “con il pubblico”.
L’atmosfera è insolita, non c’è il distacco che spesso caratterizza gli incontri istituzionali.
Ci sono invece storie, esperienza, una certa urgenza nelle parole. Perché chi interviene sa che qui si parla di lavoro, sì, ma anche di vita. Turni infiniti, reparti in affanno, responsabilità enormi, stipendi che non corrispondono al peso che si porta sulle spalle, aggressioni sempre più frequenti, fughe verso l’estero, dimissioni silenziose di chi non ce la fa più.
Non è un elenco di criticità, è la fotografia di un Paese che ha bisogno di guardarsi allo specchio.
Ripensare la sanità dalle persone: un coro che diventa voce unica
Man mano che gli interventi si susseguono, emerge una verità grande quanto semplice: la sanità italiana non può più essere raccontata solo attraverso numeri, piani industriali, riforme, fondi o tecnologie.
Questi elementi servono, certo. Ma senza mani, senza occhi, senza voci, senza professionalità e senza dedizione, tutto questo resta fermo sulla carta.
Le parole di Gianluca Giuliano risuonano come una sintesi inevitabile:
«Se vogliamo una sanità capace di rispondere ai bisogni dei cittadini, dobbiamo partire dalla valorizzazione delle persone che ogni giorno la rendono possibile.»
E ancora, in un passaggio che racchiude una delle ingiustizie più radicate:
«Non possono esistere lavoratori di serie A e lavoratori di serie B.»
La sala ascolta. E annuisce.
Sanità pubblica, sanità privata: serve un ponte, non un confine
Uno dei temi più delicati viene affrontato senza retorica: il rapporto tra pubblico e privato.
Troppo spesso, chi lavora in ambiti diversi del sistema sanitario vive disparità profonde pur svolgendo ruoli equivalenti.
Il dibattito chiede di superare questi steccati, non per omologare, ma per riconoscere equità e dignità professionale ovunque ci sia cura.
Una nuova consapevolezza: il cambiamento parte da qui
Alla fine della giornata, quando i saluti si trasformano in strette di mano e conversazioni più leggere, resta una sensazione condivisa, ovvero che qualcosa si è mosso.
Non una riforma, non una promessa.
Qualcosa di più sottile, ma altrettanto importante: una consapevolezza nuova.
La consapevolezza che la sanità non può più essere discussa come un tema tecnico o politico, ma come una questione profondamente umana e collettiva.
E che il cambiamento — quello vero — nasce quando le istituzioni smettono di parlare “dei” lavoratori e iniziano a parlare “con” i lavoratori.
Le fondamenta del Paese hanno un volto
In fondo questo incontro ha ricordato un principio che spesso si dimentica, il principio che le fondamenta del Paese non sono fatte di cemento, ma di persone.
Professionisti che ogni giorno sostengono un sistema fragile, spesso invisibili al grande pubblico, quasi mai celebrati. Eppure sempre lì, nei momenti più difficili, quando la vita chiama e la cura risponde.
Se il futuro della sanità italiana vuole essere migliore, deve partire da loro.
E in quella sala, per un giorno, l’Italia ha ascoltato davvero chi la cura.