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Francesca Arpino: diritti delle donne e parità di genere

La dichiarazione dei diritti delle donne costituisce un primo documento storico nato per rivendicare la figura femminile e il suo ruolo. Le donne con il passare del tempo sono riuscite a divenire una risorsa importante e a rappresentare, tra storia e culture, il quadro di una societa’ nei suoi lenti e faticosi cambiamenti.

Analizzando sotto varie prospettive tradizioni e epoche, emerge come nel tempo ci si sia evoluti, affrontando quei limiti che riducono una possibilità di trasformazione e sviluppo per il genere femminile.

Agli Aka, nella cultura nigeriana, si concesse la possibilità di andare a caccia da sole.

Nella Cina, nel 1950, grazie a un provvedimento sul matrimonio, si contrastarono le compravendite delle donne, che fino ad allora erano soggette al potere degli uomini. 

Tale sudditanza, in Cina, era rappresentata da una pratica che alterava la struttura ossea femminile e che imponeva il legare i piedi delle fanciulle per limitarne i movimenti, che venne interrotta nel 1912.

Anche l’iconografia ci aiutò a comprendere come il genere femminile  ha dovuto ottenere con fatica un riconoscimento per liberarsi da stereotipi disfunzionali.

Facendo un’analisi globale, attraverso la storia di Adamo ed Eva, ed utilizzando anche  quadri e scritture medioevali, si percepisce un modello di una figura femminile considerata debole, vulnerabile alle tentazione, frivola.

Nonostante la Chiesa nei medesimi tempi dipingeva Maria come un modello di donna accogliente e materna, la presenza della donna rimaneva ingombrante e sempre minimale negli ambienti cattolici e nei pubblici uffici.

Ne emergeva infatti un ruolo essenziale nel focolare domestico ma marginale nella società

Nella legge irlandese se ne vietava persino la prova testimoniale mentre nella legge gallese veniva accettata solo se era rilevante e a difesa di altre donne.

Si rilevano altre curiosità tra le pagine della storia.

Nell’antica Roma infatti, le donne acquisivano potere attraverso il matrimonio e la discendenza che ne conseguiva.

Si racconta infatti che all’epoca le donne erano ritenute ignoranti e deboli, lo stesso imperatore romano Augusto criminalizzò l’adulterio rendendo imputabili del fatto solo il genere femminile.

Tale dettaglio ben delineava una mentalità profondamente maschilista.

Nel 1993 un’importante dichiarazione sanci’ la tutela della donna contro qualsiasi atto di violenza di genere che poteva ingenerare danni di diversa entità: fisici, psicologici,sessuali, tali da colpire la liberta’ pubblica o privata dell’individuo e tali da ledere la sua integrità psico-fisica.

A seguire si sono aggiunte altre convenzioni a rinforzo di una lotta durata anni, fatta di battaglie nel campo della violenza domestica e della violenza personale.

Un ultimo provvedimento ha ribadito una parità de iure e de facto ed e’ conosciuta come la Convenzione di Instanbul.

Tale provvedimento sancisce che per fare prevenzione e’ necessario partire dalla definizione di violenza, passo questo indispensabile per contrastare pregiudizi e discriminazioni.

Appare infatti necessario lavorare sulla comunicazione e sul linguaggio con i nostri interlocutori al fine di rendere fluidi, chiari e scevri da aggressività i dialoghi.

Quando infatti riusciamo a comprendere l’altro e a ridurre sensibilmente conflitti e disparità nelle mura domestiche e fuori abbiamo fatto un primo passo verso la parità di genere

La percezione di un disagio in un menage familiare o all’esterno inizia a essere violenza

La percezione di diseguaglianza e’ un primo passo per creare differenze e inizia a essere violenza.

Lavorare sulla parità  e sul diritto vuol dire dare un senso al nostro linguaggio e alla nostra identità.

Lavorare sulla parità  e sul genere significa non rimanere mai indifferenti alle tante lotte della nostra storia fatta di imperfezioni e di consapevolezze.

 

Francesca Arpino

Psicologa, Criminologa 

Esperta in Psicologia Giuridica e investigativa

 

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