Alessandra Lomonaco: ognuno e ognuna di noi può e deve fare la sua parte
L’8 marzo è una giornata che mi piace dedicare ad una riflessione sul dove siamo con la parità di genere. È un giorno in cui vorrei cercare di mantenere uno sguardo lucido e di insieme sulle azioni necessarie verso una sostanziale riduzione delle disparità che ancora ci sono tra donne e uomini. È una riflessione che dovrebbe essere non solo individuale, ma collettiva, perché non dimentichiamo che i cambiamenti sociali e culturali avvengono solo con la volontà di tutti, con una presa di consapevolezza che non può riguardare solo un genere. L’inclusività nel femminismo è cruciale.
Sono convinta che una vera parità si raggiungerà quando gli stereotipi, che hanno origini antiche e sono ben radicati nella nostra cultura, saranno abbattuti.
Treccani definisce stereotipo una “opinione precostituita su persone o gruppi, che prescinde dalla valutazione del singolo caso ed è frutto di un antecedente processo d’ipergeneralizzazione e ipersemplificazione, ovvero risultato di una falsa operazione deduttiva.” Queste generalizzazioni e semplificazioni estreme derivano dall’educazione che tutti riceviamo fin dai primi anni di età, maschi e femmine, e che spesso in modo inconsapevole risultano nel corso della vita in un’autolimitazione o esclusione da certi ambiti lavorativi, sociali, pubblici, formativi. Il non sentirsi “adatte” per certi ruoli porta le donne a non tentare nemmeno certi percorsi. È per questo che ancora nel 2021 ci sono poche donne in ambito tecnologico e scientifico, che sono tra l’altro i settori a maggior valore aggiunto e crescita economica.
Ciò che mi spinge a parlare quasi quotidianamente di tematiche di genere è il desiderio di vedere un giorno un mondo in cui tutti abbiano le stesse opportunità, dove le disparità “in partenza” non ci siano più. Un mondo equo è un mondo democratico. Per questo la parità di genere è un tema così importante e delicato.
A tutt’oggi, però, parlare di femminismo è un argomento controverso, in quanto viene considerato ideologico, ipocrita, inutile, vendicativo, caricaturale, quando non un banale politicamente corretto.
Guardando alla definizione di femminismo di Treccani scopro che esso “auspica un mutamento radicale della società e del rapporto uomo-donna attraverso la liberazione sessuale e l’abolizione dei ruoli tradizionalmente attribuiti alle donne.” Come può venire questo cambiamento se non da una presa di coscienza di noi donne del nostro valore e della nostra innata capacità di scardinare equilibri, disancorare certezze a favore del bene comune?
Questo percorso di cambiamento radicale va compiuto tutti insieme, uomini e donne, e implica una revisione dei nostri ruoli. Questo va a beneficio non solo delle donne: si pensi, ad esempio, ai congedi di paternità obbligatori che permettono ai padri di godere di un tempo di qualità da passare vicino ai figli appena nati e alle loro compagne.
In questo percorso è fondamentale prestare attenzione ai segnali deboli che arrivano dai media, dai luoghi di lavoro, dalla scuola, dalla famiglia ed essere agenti attivi di cambiamento quando si avverte una discriminazione.
Sono le piccole manifestazioni di disparità che devono acuire la nostra sensibilità, perché una società equa e paritaria è una società evoluta, civile, democratica.
Ognuno e ognuna di noi può e deve fare la sua parte, diventando – passatemi il termine – ambassador di parità e democrazia, per il bene comune e per un futuro in cui le nostre figlie potranno essere se stesse fino in fondo e i nostri figli pienamente consapevoli dei bisogni delle loro compagne.
Alessandra Lomonaco
Amministratrice e fondatrice di Huky srl Società Benefit