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Paolo Capone: inclusione e giustizia sociale, una reale occasione di cambiamento

La pandemia da Covid-19, come purtroppo ormai da oltre un anno abbiamo potuto constatare, non solo ha rappresentato una delle peggiori crisi sanitarie mai avvenute, ma ha anche avuto l’effetto di provocare un vero e proprio tsunami economico e sociale. Le restrizioni imposte al fine di ridurre i contagi hanno di fatto bloccato alcune attività ed hanno trasformato profondamente i processi produttivi nei settori rimasti totalmente o parzialmente aperti.

Le maggiori conseguenze dirette delle norme di distanziamento sociale anti Covid si sono riscontrate nei settori del commercio, del turismo e del terziario, ma, almeno indirettamente, tutte le attività produttive sono state coinvolte. Per quanto riguarda il commercio al dettaglio di beni non alimentari, la chiusura delle attività, parziale o totale a seconda dell’andamento della curva epidemiologica, ha causato, chiaramente, effetti negativi dal punto di vista economico ed occupazionale, con la sola salvaguardia dei ristori per le imprese e del blocco dei licenziamenti con cassa Covid per i dipendenti. Elementi fondamentali, questi ultimi, al fine di tamponare i danni immediati, nonostante criticità e lentezze di questi strumenti, ma non certo risolutivi per una piena ripresa.

Al contempo, ha beneficiato della situazione il commercio online, che, durante l’anno della pandemia, ha avuto, per forza di cose, un vero e proprio exploit. Processi di trasformazione delle attività di questo tipo e di tale portata andrebbero guidati in modo più consistente a livello politico ai fini di una ricostruzione del Paese nel segno di una ripresa economica inclusiva e socialmente sostenibile.

Si tratta di cambiamenti che già erano importanti e considerevoli prima dell’avvento della pandemia, ma che ora hanno avuto una notevole accelerazione e dai quali difficilmente si tornerà completamente indietro, anche quando, auspicabilmente presto, sarà finita l’emergenza Covid. Si potrebbe e dovrebbe intervenire su più fronti per evitare dannosi squilibri economico-sociali.

Innanzitutto dal lato fiscale: se le attività tradizionali del commercio nel nostro Paese sono soggette a un’imposizione fiscale stringente ed onerosa, lo stesso non si può dire per i colossi dell’e-commerce. Un riequilibrio era già necessario prima dell’era Covid, ora si è fatto indispensabile. Non solo, occorrerebbe anche supportare la digitalizzazione delle piccole attività, per far sì che le conseguenze dell’e-commerce non siano solo negative, ma possano trasformarsi in un’occasione di crescita per tutti.

Per quanto concerne il settore del turismo, dei servizi e della ristorazione, queste attività, particolarmente importanti dal punto di vista sia economico che occupazionale per il Paese, sono state travolte dal Covid. Certamente al momento non esistono altre soluzioni che garantire ristori rapidi e consistenti alle imprese costrette alla chiusura o comunque alla limitazione delle proprie attività, salvaguardando i lavoratori dipendenti attraverso le misure eccezionali già attuate e da prorogare, ma nell’obiettivo di una ripresa sarà necessario prevedere riformedel fisco, delle infrastrutture, della burocrazia - che rendano più semplice e conveniente fare impresa, senza naturalmente pregiudicare le necessarie tutele in termini di sicurezza, salute, diritti del lavoro.

Occorrerà, in sostanza, per una ripresa che sia concreta dal punto di vista economico e socialmente inclusiva, fare in modo che le piccole e piccolissime attività del turismo e della ristorazione, tra l’altro fiore all’occhiello dell’economia italiana e anche creatrici di una gran mole di posti di lavoro, riescano a sopravvivere alla crisi e possano poi avere i supporti necessari che consentano loro non solo di riprendere là dove avevano lasciato, ma anche di rinnovarsi e di essere maggiormente competitive ad emergenza finita.

La vera novità in questo settore è rappresentata, poi, dall’affermazione della nuova categoria dei Rider, dei fattorini per la consegna di pietanze, categoria che era già presente prima del Covid, ma che in tempi di pandemia e lockdown è diventata più numerosa e diffusa in modo capillare nelle grandi città. Con il contratto per i Rider, siglato da Ugl e Assodelivery, il primo in Europa, si è cercato di bilanciare da un lato la tutela dell’autonomia di questi lavoratori, dall’altro la garanzia di maggiori diritti e di protezioni offerte dalle piattaforme che gestiscono gli ordini online.

Nel settore del terziario – pubblico e privato – la maggiore novità introdotta a seguito della pandemia da Covid-19 è stata determinata dal ricorso massiccio allo smartworking. Il lavoro agile, già consentito nel nostro Paese prima della pandemia, era utilizzato in modo marginale, a causa soprattutto di fattori culturali che impedivano di coglierne le potenzialità positive, sia per i datori di lavoro, in termini economici e di organizzazione del lavoro, sia per i lavoratori, dal punto di vista di una maggiore possibilità di conciliazione fra esigenze lavorative e private.

Ora le disposizioni conseguenti allo stato d’emergenza hanno reso possibile ed anzi hanno sollecitato il ricorso semplificato allo smartworking, dando modo di verificarne le interessanti potenzialità. Passata l’emergenza, però, sarà necessario – dato che questa modalità lavorativa, economicamente conveniente, continuerà ad essere utilizzata – provvedere ad una dettagliata normazione a livello contrattuale, per disciplinare al meglio diritti e doveri dei lavoratori da remoto.

Nei settori primario e secondario gli effetti della pandemia sono stati indiretti, trattandosi di attività considerate essenziali e quindi rimaste sostanzialmente sempre operative, ma non per questo meno rilevanti. In ogni ambito produttivo ci sono state ripercussioni e in generale l’economia ha subito una forte contrazione.

Le grandi e piccole crisi industriali già presenti nel Paese si sono aggravate ed occorrerà un progetto di crescita di ampio respiro per ricostruire il volto economico dell’Italia dopo il Covid. In questo contesto, uno degli strumenti che potrebbe rappresentare una chiave di volta per la ripresa potrebbe essere rappresentato dall’attuazione del dettato dell’articolo 46 della Costituzione. La partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese, un coinvolgimento, quindi, non solo economico ma anche decisionale, specie in questo periodo di crisi, potrebbe rappresentare un importante antidoto al pericolo incombente di una desertificazione industriale, all’eventualità di continue delocalizzazioni verso altri Stati meno attenti alle questioni sociali, alla difesa dei diritti dei lavoratori, alla salvaguardia dell’ambiente.

Procedere sostenendo strumenti partecipativi significherebbe rafforzare, al contrario, quel necessario legame fra azienda e territorio che consentirebbe di salvaguardare le nostre pregevoli tradizioni industriali, la nostra occupazione e quindi il benessere economico e la coesione sociale.

Un progetto di ripresa economica non può, infine, prescindere da un ripensamento profondo anche del nostro sistema di welfare e di ammortizzatori sociali. Riscoprire l’importanza dello Stato Sociale, in senso moderno, in modo efficiente, ma comunque inclusivo, a partire dalla sanità e dalla scuola, rivedere il sistema pensionistico superando l’ideologia fallimentare della continua posticipazione dell’età pensionabile, che ha di fatto bloccato il turnover generazionale, impostare, finalmente, un meccanismo di tutela che aiuti tutti i lavoratori nei momenti di disoccupazione e che sia altrettanto consistente sul lato delle politiche attive, attraverso la formazione e al fine di un rapido reinserimento nel mondo del lavoro.

C’è molto da fare. Rispondere alla sfida epocale rappresentata dalla crisi Covid non è certo cosa semplice, ma anche questa difficile situazione, se governata nello spirito della ricerca del benessere nazionale nel segno dell’inclusione e della giustizia sociale, può rappresentare un’occasione di cambiamento, un momento di svolta nel quale affrontare e finalmente risolvere problemi inediti, ma anche criticità annose che, già prima dell’emergenza coronavirus, affliggevano il nostro sistema economico e sociale.

Paolo Capone 

Segretario Generale Ugl

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