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Angelo Bruscino: cambiare subito e basta privilegi

Idee per rilanciare il Paese ce ne sono tante. In questi anni, gran parte dell'opinione pubblica si è cimentata col proporre nuove strategie a quello che sembra essere il lento, inesorabile, declino dell'Italia. Forse, quello che manca sono proprio le idee in movimento. Perché le nostre idee sono immobili, paralizzate, incapaci di farsi prassi, dopo essere state concepite. La colpa, facile dirlo, è della politica, certamente. Ma è anche nostra, che quando si tratta di passare dalle idee alla realtà, non ci muoviamo e aspettiamo qualcuno che decida per noi. Eppure, l'Italia avrebbe nella sua storia la ricetta per rimettersi in carreggiata. 

Fior di economisti hanno indicato come il futuro sia rappresentato dall'economia della conoscenza, dalla messa a valore di cultura e arte, che favorisca un cambio di paradigma verso la tanto anelata transizione ecologica. Questo quadro sembrerebbe essere l'identikit dell'Italia. Paese primatista nella prestigiosa lista dei Patrimoni dell'Umanità dell'Unesco e sede dei più antichi atenei del mondo.

Ma ecco che lo iato fra quello che potrebbe essere e quello che è si svela drammaticamente. L'Italia non è il Paese più visitato al mondo; il turismo che ci caratterizzava nel l'epoca pre covid era assolutamente poco qualitativo e insostenibile.

Parallelamente, non c'è una Università pubblica italiana nella lista degli atenei più prestigiosi del mondo. I nostri asset, quindi, non sono adeguatamente sfruttati.

Come conseguenza, pur essendo la seconda manifattura d'Europa, la nostra economia è spesso antiquata; non ci confrontiamo nei settori ad alto valore aggiunto, in quelli legati all'innovazione, non riusciamo adeguatamente a coinvolgere nel settore produttivo i ragazzi che formiamo, dato che la nostra industria non abbisogna di laureati o, comunque, quelli che sforniamo non vanno bene.

Abbiamo meno laureati dei nostri competitor, pochi STEM (cioè laureati nelle materie scientifiche) e troppi giuristi, che vanno ad aggravare la burocrazia pubblica, formalista e non orientata a delivery e accountability.

Dallo sconsolante quadro, ne ricaviamo che l'educazione sarebbe il primo passo da compiere. Eppure, da 40 anni, ogni governo sforna una riforma. Una riforma che evidentemente non funziona; colpa del governo, ma anche colpa di sindacati, professori e studenti che ogni volta puntualmente scioperano gridando il mantra "Giù le mani dalla scuola." In effetti, conservatorismo e corporativismo sono i due mali atavici dell'Italia. Non vogliamo cambiare mai nulla. Oppure cambiamo per finta, affinché nulla cambi, come nel Gattopardo.

Anche quando qualche politico vuole mettere mano al funzionamento dello Stato, scatta la litania "Giù le mani dalla Costituzione più bella del mondo". Ma se era così bella, il rendimento pratico delle nostre istituzioni sarebbe stato migliore. Invece, siamo il Paese in Europa con la pubblica amministrazione più inefficiente, con la giustizia più lenta e dove un imprenditore ci mette più tempo ad aprire una attività. Salvo poi confrontarsi con la Pubblica amministrazione di cui sopra e, spesso, pure con la mafia.

La logica conseguenza è che dovremmo cambiare subito, ma quando qualcuno lo propone, scatta il nonsipuotismo o il benealtrismo.

Dunque lunga vita alle idee, ma solo per muovere e smuovere, perchè la speculazione mi ha stancato. E diamoci una mossa tutti. Perché la situazione è grave, anche se in tanti non lo capiscono, protetti dai propri privilegi.

 

Angelo  Bruscino

Imprenditore Green Economy

Ambiente S.p.A.

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