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Marta Leonori: gli sforzi condivisi per la ripartenza

Negli ultimi anni, anche in Italia, si è sviluppato lo studio della geografia sociale (o della morfologia urbana) che ha posto in essere il forte problema della "coalizione dei diseredati". Sul tema delle diseguaglianze, su chi siano gli esclusi e sulla polarizzazione della ricchezza e del potere, è stata prodotta tanta letteratura che, tuttavia, non verrà analizzata in questo breve contributo. L’intento è aprire una discussione su come riuscire a condividere lo sforzo per la ripartenza, a partire dal dato di realtà.

Martin Wolf, redattore capo di economia del Financial Times, in un editoriale di giugno ha sottolineato che la democrazia fallirà se non pensiamo come cittadini perché primariamente, sostiene l’autore, gli individui sono cittadini «uniti in uno sforzo condiviso» (shared endeavour).

L’era globale, scrive, ha visto successi eclatanti, «in particolare la riduzione delle disuguaglianze globali e della povertà di massa». È stata anche un'era di importanti innovazioni, in particolare nel campo delle tecnologie dell'informazione. Eppure, sono emerse una serie di grandi debolezze: i paesi che nel secondo dopoguerra hanno subìto una crescita economica, nell’ultimo ventennio hanno visto una frenata e, in questo modo, è cresciuta in maniera diseguale la distribuzione del reddito e della ricchezza. Contemporaneamente, il valore economico del lavoro relativamente poco istruito è diminuito rispetto a quello dei laureati e il mercato del lavoro è divenuto sempre più flessibile, con salari sempre più precari. Insomma, più la società diveniva disuguale,  minore era la sua mobilità sociale. I cambiamenti per la forza lavoro dati dalle innovazioni tecnologiche hanno portato i risultati più evidenti: il declino dell'industria manifatturiera, tra tutte, ha avuto effetti negativi sulle città e sulle regioni in cui erano concentrate. «Quando le fabbriche chiudono o licenziano gran parte della loro forza lavoro», nota Wolf, «anche l'economia locale in senso lato ne risente negativamente. Queste regioni "lasciate indietro" sono diventate un elemento cruciale nelle coalizioni dei diseredati. Nel frattempo, le città, specialmente le grandi metropoli, sono divenuti centri dinamici per persone istruite e per nuovi tipi di attività». Per questa ragione, secondo il giornalista-economista, la prima preoccupazione che gli Stati democratici dovrebbero avere è il benessere di tutti i loro cittadini: benessere della salute, come della protezione sul lavoro necessaria per essere libero da abusi, sia fisici che mentali – collaborando, in questo senso, con gli altri lavoratori per proteggere i propri diritti collettivi – e le imprese, contemporaneamente, dovrebbero comprendere che hanno degli obblighi nei confronti delle società che rendono possibile la loro esistenza. La politica, insomma, dovrebbe mirare a creare e sostenere una classe media vigorosa, garantendo al tempo stesso una rete di sicurezza per tutti. Tuttavia, la precarietà del nostro oggi – sia come modello di sviluppo che di lavoro – si è manifestata con tutta la sua forza nei primi istanti della pandemia da Covid-19.

Nel recente report Un primo bilancio ad un anno dallo scoppio della pandemia, elaborato in collaborazione tra Area Studi Legacoop e Prometeia, viene evidenziato il modo in cui la crisi ha ampliato le disparità: per quel che riguarda le famiglie, a fronte del calo del reddito imponibile (la stima è di circa 30 miliardi), sono cresciuti i risparmi privati (si stima una propensione media al risparmio raddoppiata rispetto al 2019). Il report mostra quindi le forti diseguaglianze in crescita tra le persone, ossia tra i lavoratori che in questo anno sono stati tutelati e sono riusciti ad accrescere la propria ricchezza e tra chi, al contrario, ha perso il lavoro o non è riuscito ad entrare nel mondo del lavoro (si stimano quattrocentomila posti di lavoro persi). Nell’articolo di Wolf citato in apertura, si sostiene che per modificare il sistema dato «gli esseri umani devono agire sia collettivamente che individualmente: agire insieme, all'interno di una democrazia, significa agire e pensare come cittadini».

Ma come si può pensare insieme nel momento in cui c’è una società divisa esattamente in due, una delle opportunità e una a cui è precluso tutto?

Sarah Gainsforth, nel numero di The Passenger dedicato a Roma, rende favola le cose che cambiano, di una città che è cambiata neanche troppo, scrive l’autrice. È un breve racconto della povertà che aumenta, della comunità che è sempre più ripiegata su se stessa e dei fossati sempre profondi della società. In questo contesto, il Covid-19 è stato – ed è tuttora – una lente di ingrandimento attraverso cui osservare le contraddizioni e storture della nostra società ed è stato in questo senso che la precarietà del nostro oggi si è manifestata con tutta la sua forza nei primi istanti della pandemia.

Instabilità e insicurezza sono state la cifra caratteristica della vita di molti, se non di tutti, seppur con tratti differenti. Ma l’unico modo per far sì che precarietà assuma un senso positivo, è rendere il suo contrario, ossia l’equilibrio, la stabilità, che per essere trovato necessita di solide basi. Il nostro Paese si è reso resistente quando ha scelto di fondarsi sui valori del lavoro. E il mondo del lavoro oggi ha certamente bisogno di nuovi stimoli, nuove visioni e nuovi confronti.

Non è forse un caso che l’unico dato in controtendenza nello studio di Prometeia e Area Studi Legacoop sia il settore legato ai servizi di informazione e comunicazione (aumento del valore aggiunto del 2,0%). Se è vero che i dati sommergono le nostre vite, questi potrebbero anche essere una soluzione e creazione di opportunità per molti.

La rete, e le reti, potrebbero essere una risposta e occasione per ripartire. Un’opportunità da cogliere, l’unica, probabilmente, che ci consentirà di abbattere le diseguaglianze che attanagliano la nostra società.

 

Marta Leonori

Consigliera PD Regione Lazio

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