Roberta Caragnano: investire su Welfare comunitario e culturale
La pandemia, e la conseguente crisi, hanno determinato un cambiamento dello scenario mondiale con effetti tanto sul mercato del lavoro globale e sull’occupazione quanto sulle politiche poste in essere dalle Istituzioni internazionali e comunitarie, dagli Stati, dai sistemi territoriali di Welfare. Questi ultimi hanno dovuto affrontare l’emergenza adattandosi - e ridefinendo in itinere - anche i propri assetti per far fronte alle esigenze e ai bisogni delle famiglie e dei lavoratori, stante la complessità del fenomeno che presenta sempre più una natura multidimensionale e complessa.
L’emergenza COVID-19 ha messo in ginocchio le economie degli Stati impattando in maniera significativa sui sistemi sanitari nazionali e regionali e, in generale, sui sistemi di welfare. Nuovi rischi ma anche nuovi bisogni sociali in un contesto dove le condizioni di vulnerabilità di alcune categorie sono divenute via via di grave povertà mettendo a nudo, spesso, l’assenza di reti di supporto. Uno shock che per molti Paesi, Italia inclusa, ha reso necessario e accelerato processi volti a rimodulare e ridefinire l’impianto delle politiche sociali con la previsione di azioni e strumenti in grado di offrire servizi personalizzati in base alle differenti esigenze e ai bisogni della popolazione per superare il concetto tradizionale di Welfare sociale. In tal senso e da un punto di vista sociologico il modello dualistico Stato-Mercato, ed in particolare il modello di Welfare mediterraneo, è entrato in crisi determinando un passaggio progressivo dal Welfare State al Welfare Mix dove è centrale la ridefinizione del ruolo del soggetto pubblico. Ma si è andati anche oltre. La sfida post-COVID passa per un rinnovamento del Welfare nella direzione di un Welfare Comunitario e un Welfare Culturale, quali facce di una stessa medaglia. Durante,