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Federica Sorge: non vorrei fosse un monologo

Alcune sequenze riflessive per affrontare questo passaggio, ancora dalla durata incerta, e superare la crisi economica dovuta al coronavirus. A distanza di un anno le imprese che sono state costrette, per la sicurezza nazionale, a chiudere, o a lavorare parzialmente, si ritrovano "punto a capo!". Le imprese, se messe nelle condizioni, con il proprio lavoro possono "riportarsi in salvo" perché sono "educate" alla lotta e alle difficoltà. Ora pensiamo seriamente a cosa si deve fare. Quali le azioni da porre in atto, immediatamente, per garantire la sopravvivenza di intere filiere produttive.

Il 9 marzo 2020 il premier Conte decide il lockdown generale in tutto il Paese. Durerà 69 giorni, fino al 18 maggio 2020, la chiusura della quasi totalità delle attività lavorative

Il Paese si ferma, tranne i servizi essenziali. 

Per fronteggiare l'epidemia da Covid-19 e mitigare il rischio di liquidità, a cui le imprese sarebbero inevitabilmente andate incontro non potendo lavorare e di conseguenza incassare, pagare, onorare impegni, vengono emanati i famosi decreti che hanno consentito alle imprese, ai lavoratori autonomi e ai professionisti, di accedere:

  • alla moratoria che ha disposto la sospensione del pagamento in linea capitale e interessi (oppure, su richiesta del debitore, soltanto per la quota capitale) delle rate dei finanziamenti 
  • alle limitazioni al diritto di revoca da parte della banca dei fidi di cassa a revoca e dei fidi per smobilizzo dei crediti a revoca
  • alla possibilità di richiedere finanziamenti beneficiando della garanzia, da parte del Fondo, dello Stato pari al 90% elevabile al 100%, nel caso del rilascio di una garanzia da un Confidi e al 100% per importi fino a 30mila euro
  • all'erogazione direttamente sul conto corrente bancario o postale per le imprese che avessero subito un calo del fatturato di almeno il 33% ad aprile 2020 rispetto ad aprile 2019), di contributi alle imprese che hanno dovuto chiudere o limitare la propria attività.
  • al credito di imposta per gli affitti

Complessivamente con il Governo Conte sono state varate misure pari a circa il 6,6% del Pil, 108 miliardi, a cui si aggiungono 300 miliardi di crediti oggetto di moratoria e 150 miliardi di prestiti garantiti.  

Provvedimenti emanati in emergenza, che sono stati oggetto di "correttivi" ma che sono stati partoriti a ridosso della pandemia. E' passato un anno e il Governo Draghi per ora mette in campo i 35miliardi autorizzati dall'ultimo scostamento di bilancio, approvato a fine anno dal Governo Conte. L'impianto degli indennizzi ricalca quanto già annunciato da Gualtieri, ovvero ripianare quelle eventuali limitazioni o situazioni di penalizzazione che ci possono essere state con i precedenti Decreti Ristori.

Diciamo che più che un cambio di passo vorremmo "sostenere" di aver concluso un percorso. Ora pensiamo seriamente a cosa si deve fare. Perchè se ho perdonato al Governo Conte di aver indennizzato le imprese calcolando la perdita su un mese, considerato che si auspicava che a breve si sarebbe consentito di tornare a lavorare, non riesco ad essere indulgente con il Governo Draghi, che a distanza di un anno ci propone, sempre e comunque, un indennizzo suddividendo l'importo complessivo della perdita subita nel 2020 per i 12 mesi dell'anno (in sostanza poco più di un mese di indennizzo!!!).

Quindi riassumiamo: la quasi totalità (tacciano coloro che sbandierano i successi dei colossi che hanno guadagnato in era Covid, perchè la loro crescita è imputabile unicamente a leggi di mercato che le hanno favorite) delle imprese ha subito perdite nel 2020 che oscillano dal 30% al 90% rispetto al fatturato 2019. Per non soccombere si sono affidate al proprio coraggio, ricorrendo prontamente al debito bancario che, grazie alla garanzia dello Stato, sono riuscite ad ottenere. Hanno altresì fatto ricorso alla cassa integrazione, si sono avvalse dei crediti di imposta sugli affitti e si sono accontentate degli scarni indennizzi. Tutto questo sperando di vedere una luce e immaginare un dopo.

A distanza di un anno le imprese che sono state costrette, per la sicurezza nazionale, a chiudere o a lavorare parzialmente, si ritrovano punto a capo!

Il tempo scorre veloce, e gli impegni e le scadenze a cui le imprese devono adempiere sono ingenti.

Il 30 di giugno le imprese dovranno riprendere a pagare le rate dei finanziamenti in essere, che sono state oggetto di sospensione grazie alla moratoria, e le banche potranno revocare i fidi accordati. Se non si dovesse procedere alla concessione di una ulteriore proroga, le banche si troveranno di fronte a un bivio ed obbligate pretendere il pagamento delle rate oppure mettere in sofferenza i clienti insolventi. Implode il sistema perchè le banche sono costrette a capitalizzarsi e di conseguenza a contrarre l'erogazione di ulteriore credito, con un unico e tragico risultato, le imprese saltano!

Se non prendono vita velocemente iniziative volte a meglio regolamentare tale situazione, Il  31 luglio, a distanza di solo un mese, le imprese dovranno pagare anche in una unica soluzione, pur nel perdurare lo stato di crisi economica e di inoperatività,  le rate 2020 di rottamazione ter e saldo e stralcio. A questo se aggiungiamo che entro il 30 novembre dovranno essere invece corrisposte le rate scadute nell'arco dell'annualità corrente si ben comprende la polveriera che rischi di esplodere..

Su questo ORA bisogna intervenire. E' indifferibile un intervento del Governo. Non sussistono, ad oggi, i presupposti affinchè le imprese e i professionisti possano ottemperare agli impegni assunti, perchè sono saltate le "condizioni per farlo", e la mancanza di liquidità non è imputabile alla loro incapacità di "fare impresa". Un Governo che non è in grado di "difendere" il patrimonio del sistema imprese, deve dichiarare lui per primo il fallimento. A lui vanno attribuite colpe e responsabilità, perchè è a lui demandato il compito di trovare soluzioni.

Le imprese, se messe nelle condizioni, con il proprio lavoro possono "riportarsi in salvo" perchè sono "educate" alla lotta e alle difficoltà. Eravamo appena usciti dall'onda lunga della grande crisi finanziaria del 2007-2008. Ma l'evento Covid non si può e non si deve paragonare "a quella crisi finanziaria". 

Non possiamo "chiudere i rubinetti" lasciando le imprese senza credito, perchè per ripartire devono sussistere tre condizioni imprescindibili: mercato, lavoro e finanza. Immediata conseguenza sarebbe l'inevitabile calo delle occupazioni ed anche dei consumi, che porterà all'inesorabile chiusura di numerose attività.

«La politica monetaria espansiva della Banca Centrale Europea sta comprando tempo, garantendo liquidità praticamente a costo zero. L’auspicio è che lo stimolo offerto dalla politica monetaria sia mantenuto fino a quanto non si riattiverà il ciclo economico. In tal senso l’andamento del Pil e degli investimenti sono variabili cruciali. L’economia cresce se cresce la domanda aggregata, di consumi e di investimenti». Gianfranco Torriero, vice Direttore Generale Abi. 

 

E qual'è la ricetta per uscire da questa crisi epocale? Come ripristinare ritmi economici e finanziari che consentano alle imprese di avere il tempo di "rinascere"? Proviamo a proporre al Governo di porre in atto quello che le imprese suggeriscono:

  • proroga della moratoria
  • riformulare i termini, per le imprese che hanno subito una perdita di almeno il 30% del fatturato nel 2020, del pagamento delle rate scadute della rottamazione ter e saldo e stralcio, consentendo al 31 luglio di corrispondere la prima rata e quindi rimodulare le successive a seguire
  • rinegoziare i finanziamenti in essere e quelli contratti in era Covid, consolidando anche gli scoperti bancari, allungando i tempi di restituzione almeno a 10 anni, elevando anche la garanzia dello Stato al 90%, e utilizzare le risorse per l'abbattimento dei tassi di interesse
  • elevare l'importo massimo dei finanziamenti assistiti dalla garanzia 100% da 30mila euro a 100mila euro 

La soluzione è prendere tempo, e dilazionare gli impegni assunti con Banche e Stato. Tempo che abbiamo sottratto alle imprese, ai loro dipendenti che stanno sopravvivendo soltanto grazie alla cassa integrazione (45% della retribuzione effettiva).

La priorità oggi è accelerare, e lo si può fare esclusivamente mettendo in campo un piano vaccinale serio, credibile, realizzabile ed efficiente che nel più breve tempo possibile possa consentire alle imprese, di ogni comparto, di tornare ad operare a pieno regime.

Facciamo ripartire il mondo del lavoro.

 

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